La sveglia oggi suona presto ma per colpa o merito del jet lag non mi pesa. Dopo colazione ci aspettano circa 4 ore di auto per raggiungere Anuradhapura da Negombo, dove abbiamo passato la prima notte in Sri Lanka. Questo è uno degli spostamenti più lunghi che dovremo affrontare durante tutto il viaggio, ma sono sicura che ne varrà la pena.
Anuradhapura spesso non viene inserita negli itinerari di visita del Triangolo Culturale a favore di Polonnaruwa. Entrambe sono state antiche capitali del regno dello Sri Lanka, ma a parte questo sono due città molto diverse tra loro: Polonnaruwa ormai è essenzialmente un centro archeologico e frequentatissimo dai turisti, Anuradhapura invece è ancora oggi meta di pellegrinaggi, un luogo di preghiera e di culto vissuto e frequentato dai fedeli, oltre ad essere meno frequentato dai turisti a causa della sua distanza dal resto del Triangolo Culturale.
4 ore in macchina, su strade che sono ben lontane dall’essere autostrade, possono sembrare un’eternità ma non è stato così: ancora inebriata dall’euforia della sera prima a Negombo, passo tutto il viaggio guardando fuori dal finestrino, continuando a girare la testa per paura di lasciarmi scappare un attimo, uno scorcio, un paesaggio….
Davanti ai miei occhi scorrono negozietti, banchi di legno con tantissima frutta e verdura, gli immancabili tuk tuk e i loro clacson, mucche (!), uomini, donne, bambini, anziani, in bicicletta o a piedi… frammenti di una vita così diversa da quella che conosciamo e a cui siamo abituati ma che contribuiscono a costruire un’immagine sempre più chiara dell’Asia.
Uno dei vantaggi di viaggiare con un driver è che ti puoi concentrare esclusivamente sullo scoprire, sull’imparare e sull’osservare. Così diventiamo un fiume di domande sullo Sri Lanka, la cultura singalese, le loro tradizioni, la guerra civile, lo tsunami… Sandy è gentilissimo e risponde a tutte le nostre domande. Ci conosciamo da poche ore ma abbiamo già imparato tantissimo da lui.
La città di Anuradhapura oggi fa parte del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco ma la sua storia comincia quasi 2.000 anni fa. La sua posizione, al centro delle pianure del Nord, le ha permesso di prosperare e di diventare il centro del potere politico e religioso dello Sri Lanka, fino all’arrivo degli invasori indiani, intorno all’anno 1000, che la rasero al suolo.
Visitare l’intero sito di Anuradhapura in un solo giorno è praticamente impossibile e noi avevamo solo un pomeriggio… bisogna purtroppo selezionare e scegliere con attenzione: per prima cosa il mezzo con cui spostarsi all’interno del recinto sacro: avendo a disposizione l’auto abbiamo optato per questa soluzione sicuramente più veloce anche se meno “tipica”, l’alternativa sarebbe stata quella di affittare una bici. La seconda scelta è ovviamente legata a quali dagobe o musei visitare. Noi abbiamo deciso di tralasciare i musei e di concentrarci sul Sri Maha Bodhi e le principali dagobe.
L’importanza storica e religiosa di Anuradhapura è grandissima. Durante il suo periodo più florido la città ospitò una comunità di circa 10.000 monaci, un numero da record! Oggi, è ancora meta di pellegrinaggi alle maestose dagobe e al Sri Maha Bodhi, il sacro fico delle pagode, uno dei principali luogi di pellegrinaggio buddhisti. Si racconta infatti che il Sri Maha Bodhi sia cresciuto da una talea dell’albero di fico delle pagode indiano sotto le cui fronde Buddha ha avuto l’illuminazione. L’albero indiano fu distrutto poco dopo, ma per fortuna il Sri Maha Bodhi di Anuradhapura è cresciuto e continua a vivere e produrre nuove talee che sono piantate in tutto lo Sri Lanka e in tutto il Sud-Est asiatico.
Anuradhapura ospita alcune delle più imponenti dagobe di tutto lo Sri Lanka. Ad un primo sguardo sembrano tutte uguali, delle enormi campane di mattoni, senza accesso verso l’interno, poi, con il passare del tempo e lasciandosi trasportare dall’atmosfera di raccoglimento e preghiera che le circonda, si capisce l’importanza che hanno le dagobe per la religione buddhista.
Le dagobe (o stupe) prendono origine da monumenti funerari indiani dedicati a personaggi importanti, ma si racconta anche che si stato Buddha stesso a descrivere quale forma avrebbero dovuto avere i monumenti in suo onore.
A livello simbolico la dagoba rappresenta il monumento funerario che ricorda la morte di Buddha e la sua ascesa al Nirvana. Molte dagobe infatti custodiscono al loro interno reliquie del Buddha.
Al termine della visita di Anuradhapura ci siamo diretti verso Mihintale, dove avevamo programmato di passare la notte. Al nostro arrivo al Saji-Sami Hotel abbiamo incontrato Rajith, il proprietario, che ci ha accolto con la proverbiale gentilezza dello Sri Lanka, con tantissime domande per noi ma dispensando anche consigli sulle nostre prossime tappe. Rajith poi ci ha offerto di prendere due delle bici a disposizione dell’hotel per raggiungere la collina di Mihintale per osservare il tramonto e noi ovviamente… accettiamo!
La distanza da percorrere non è tanta e anche se siamo in Sri Lanka da meno di 2 giorni abbiamo preso confidenza con il traffico delle strade, o almeno così credavamo… Abituarsi al caos e al traffico è una cosa: andare in bicicletta in mezzo a tutto questo è ben diverso, oltretutto con la guida a sinistra, ma prendiamo questa esperienza come un’avventura e ci lanciamo! Seguiamo le indicazioni di Rajith, superiamo l’ultima rotonda e arriviamo ad una specie di piazza dove avremmo dovuto proseguire diritto ma la piazza era bloccata, tantissime persone stavano allestendo una manifestazione. Ci spiegano una strada alternativa e arriviamo alla base della collina di Mihintale. Lasciamo le biciclette e iniziamo a salire a piedi, tantissimi gradini, con la luce che diventa sempre meno forte, il buio avanza, con pochissime luci artificiali in un’altra situazione probabilmente avrei avuto paura, ma li, in mezzo così tanti pellegrini, vestiti di bianco l’atmosfera è così magica e poetica da far dimenticare il buio. Mihintale è il luogo dove si racconta sia nato il buddhismo dello Sri Lanka, per questo è importantissimo a livello religioso. Siamo stati fortunati a poter vivere una serata così: ritrovarsi in mezzo ad una processione, con tantissimi pellegrini, turisti e locali, permette di respirare anche se per poco, la vera essenza di Mihintale. Avrei voluto restare lì, non andarmene più, fermare il tempo e restare li a respirare serenità, gioia, pace e tranquillità ma dobbiamo tornare. Ormai il buio ha preso il sopravvento e dobbiamo ritornare all’hotel per cena.
Scendiamo dalla collina, riprendiamo le bici e dopo poco torniamo alla piazza dove ci avevano bloccato all’andata: ci ritroviamo così in mezzo al culmine delle celebrazioni: una processione illuminata da 10.000 candele all’olio di cocco… difficile da spiegare con le parole, non avevo mai vissuto un’esperienza del genere che resterà per sempre dentro di me, come un ricordo unico e meraviglioso di quelli che solo un viaggio può lasciare.